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Terroni, Turkizzazione e regionalismi

Stasera sono andato a vedere Terroni O Eructos De Historia, di una compagnia teatrale italiana a Barcellona (con i sottotitoli proiettati sopra allo spettacolo, per chi guardava la versione in Spagnolo).

Credo che con i media virtuali sono condizionato a non apprezzare la qualità di quello che vedo e il teatro mi ricorda che i greci ai loro tempi già potevano avere esperienze simili senza bisogno di tutti gli aggeggi di oggi, che riempiono il giorno. Invece sono stato circondato da suoni, voci, gesta reali per 2 ore di storia, politica, arte e metafora - tutto di ottima qualità, con della musica in chitarra che punteggiava i vari atti, Musica che mi piacerebbe avere e riascoltare con calma.

La storia si centra sul momento della prima Europa industrializzata, in cui il regno delle due Sicilie venne distrutto e capovolto dall'unione dell'Italia coi suoi nuovi re. La gente fu uccisa, violentata, le fabbriche distrutte e colonne di profughi lasciarono la regione mentre i nuovi vincitori si dedicarono a piemontesizzare l'italia e instaurare la criminalità organizzata, prodotto laterale automatico dello stato nazione. Si dai, un po come é successo in Turchia, Cile, Scozia, innumerevoli altri sistemi statali che cercarono e cercano ancora di imporre la loro realtà di cosa voglia dire nascere dentro alle loro frontiere e sistemi di potere. L'unica realtá che capisco allora é il municipalismo democratico: una nuova coscienza anticapitalista, antipatriarcale e sopratutto, in questo contesto, antinazionalista, contro il potere distruttivo dello stato nazione con le sue identità di massa - oggi incarnato da poteri non solo dalle grandi potenze post guerra fredda, ma nuove organizzazioni della destra che farebbero del mondo il loro "paese", come IS.

Potermi sentire sgridare in faccia tutte queste ingiustizie non solo faceva il solletico al mio anarchista interno, ma anche il mio piccolo razzista, che era rimasto 12enne ma ancora si trova nei ricordi semi dimenticati, con le grida dei primi atti di terroni si svegliò e credo che si sia beccato un paio di schiaffi. Si perché a scuola negli anni 80 nella regione del Friuli Venezia Giulia sotto un'Italia Socialista che passava per vari grandi della corruzione: Andreotti, Craxi etc, i programmi scolastici che seguivamo ora mi sembrano quasi surrealisti e ho pensato - meno male che non ho mai studiato! Adesso capisco perché non aveva valore e facevo tanta fatica a mettermi in testa quelle cose. Durante le medie, e poi alle superiori, stranamente ero un enigma, visto che in quei tempi non c'era quasi immigrazione in Italia comparata con oggi, e anche venire dal sud d'Italia era abbastanza raro: ero di una razza sconosciuta, su cui si sapeva talmente poco che per insultarmi i miei compagni potevano solo ripetere le cose che non riuscivo a pronunciare, nel mio accento spagnolo quando parlavo di quanto mi mancava la Scozia. Questo mio stato di enigma, enigma che però parlava dialetto e ti tornava gli insulti perfettamente, mi dava un po di visione da outsider senza sentirmi escluso: specialmente dal costante razzismo contro il sud che era rampante tra le classi alle medie negli anni 80. Mi sono ricordato in quel flash di una conversazione che avevo sentito alle medie:

"..vardavo la TV ieri"
"cosa ghe iera, freddy krueger?"
"eh si ma iera quella publicitá, te sa quela do xe la baba figona che la se senta ta'l divan e se metti a parlar?"
"e cosa la disi.. "
"ma la dizeva robe in cabibo, no go capì niente"
"e lora?"
"eh, go spento - ogni volta che vardo qualcosa vien fora cabibi"
"eh bom cos te vol - xe pien de cabibbi in tv!"

(guardavo la tv ieri/cosa c'era, freddy krueger?/eh si ma c'era quella pubblicità - sai quella dove c'è una tipa figona che si mette sul divano e comincia a parlare?/e cosa dice?/ma parlava in terrone, non ho capito niente/ e allora?/ eh, ho spento - ogni volta che guardo qualcosa ci sono terroni/eh sai cosa vuoi, è pieno di cabibbi in tv!)

Io con questo mi ero immaginato una TV enorme piena di gente piccolina che saltavano, parlando con accenti regionali, che conoscevo solo dalla TV. Mentre vedevo "terroni" stasera ho ricordato questo scambio, l'innocenza con cui avevo riso e partecipato in questo tipo di conversazione, e la normalità con cui si parlava in questo modo. Contro l'America invece, era impensabile. Erano la cultura dominante, e tutta la musica e i programmi in TV erano degli stati uniti, oppure erano vecchie, di bassa qualità e poca immaginazione. Solo nei cartoni animati non dominavano. La professoressa ci raccontò che gli italiani eravamo visti come una specie di secondo, terzo mondo per loro.

Io invece solo 2 volte penso di aver sentito insulti o atteggiamenti razzisti diretti verso di me: una il primo giorno alle superiori, quando uno di quinta mi cercò di far paura dicendo cose tipo "sei qui con noi ma non sei come noi" ecc ma avevo i compagni intorno e non ci riuscì, e una volta in cui un professore quasi per scherzo ha detto "ti mando in Cile" e io come esiliato mi senti offeso perché anche se l'avessi voluto, non potevo tornare.

Per ricordare che anni erano, mi chiamo ancora "skoria" su varie reti sociali per colpa di Chernobyl, cosa che abbiamo vissuto personalmente in quegli anni con contatori geiger nelle scuole, il latte e la lattuga proibiti, brutti sogni e molta paura. Pensavo a quel tempo, nella scuola media che era divisa tra la lingua italiana e lo sloveno, dove ci indottrinavano nelle lezioni quello che non riuscivamo a indottrinarci nelle connotazioni razziali e negli innumerevoli odi tra la gente di Trieste e i Bisiacchi. Ricordo che la gente più in la dei fiumi Isonzo o Timavo erano detti "taiani" cioè - stranieri, forestieri.. Ricordo anche che a un certo punto tutti gli alunni di varie scuole superiori si sono incontrati in un prato per fare guerra aperta - botte a tutti! e stabilire una volta per sempre, chi vinceva nella rivalità regionale di turno.

E la cosa é che anche a Monfalcone, e in tutti i capoluoghi che oggi si odiano li intorno, sin dal medioevo c'è stato un controllo diabolico di ogni contatto umano, dove le chiese dovevano mandare documenti verso nord per dire chi era un buon credente e chi poteva essere sovversivo. Si raccomandava denunciare il vicino. Queste realtà tornarono in primo piano durante gli anni delle due guerre, che avevano stravolto la regione:famiglie divise, e di mezzo campi di sterminio e concentrazione. Naturale allora, trovarsi una situazione dove non ci si fidi più tanto degli altri. Questo è il punto - oltre a denunciare la violenza e il razzismo ma sicuramente parte del sistema quanto i libri di storia e geografia della Zanichelli, pieni di queste verità prefab per indottrinare chi voglia ascoltare.

E a scuola non avevo voglia. Adesso ne sono fiero. Perché erano tutte bugie, per lo meno in storia e geografia, ai 12-13 anni, ci insegnavano che la nostra identità deve essere quella di un paese. E qui sono stato fortunatamente escluso. Ricordo un diagramma. Magari l'avessi ancora quel mattone di libro, ma mostrava vari dati di produzione lorda divisi per paese, e di sopra ad ogni picco del diagramma, per ogni paese c'era un disegnetto di un personaggio che rappresentava quella nazione. Adesso mi rendo conto che i miei compagni dovevano interiorizzare tutte quelle caricature che si insegnavano come parte di un insieme dove la parte più importante dell'insegnamento era la cifra, non il fatto che bisognava assumere una identità nazionale. Facile farlo comunque, perché l'italiano della caricaturina non era un cuoco o pizzaiolo con mandolino che mi aspettavo, ma un operaio, un tipo come Mario bros prima che gli spuntassero i baffi. Con questo - un lavoratore onesto, tutti dovevano sentirsi identificati. Io che non centravo niente, non vedevo questo nesso. Ma la verità è che anche il Friuli, anche Trieste, e la Bisacaria è stata piemontesizzata, e tutte queste regioni hanno sofferto per tutta la loro storia perché si trovavano all'incrocio di altre culture o potenze. È qui che vedo una prima critica a terroni - alla fine sono tutte le identità regionali che sono partecipi nel gioco della dominazione che si vede quando si crea uno stato nazione. Il razzismo regionale è bruttissimo tra nord e sud, ma anche se vedo la rivalità molto meno conosciuta tra Trieste e Monfalcone, so che quei sentimenti non erano immaginarie ma provenivano da episodi storici tra quella gente. Giustissimo criticare e denunciare i fatti dei tempi della unificazione ma non solo come una sottomissione nord-sud ma come una estensione di altre ingiustizie regionali dove l'ultima a sentirsi è la terra stessa che tutti corrono a sfruttare, costruendo grandi fabbriche che fondono metallo. E poi sono stupiti quando viene fuori quell'altro con i soldati a ucciderli tutti e portarsi via i soldi. Non sarebbe stata la prima volta.

Credo che con la prima guerra di tutte le guerre, verso la fine del paleolitico, e questo NON me l'hanno insegnato a scuola, le ragioni erano un cambio climatico repentino(la fine della ultima era glaciale) che portò alla fine di molti fonti di cibo che a quel tempo si coglievano direttamente in loco. Chi sapeva coltivare allora, iniziò a dipenderci di più, e dopo un po si crearono magazzini dove lasciare il raccolto. E poi naturalmente qualcuno meno organizzato l'ha saputo ed é venuto con un gruppo di gente dando luogo a quello che ora si conosce come questo primo episodio violento. La tecnologia nuova era l'agricoltura, e un effetto, eccetto la sopravvivenza, è stato lo sbilancio tra chi coltivava e chi non, e il problema è che forse la gente che creava questa fantastica nuova tecnologia l'ha voluto tenere per se, invece di dialogare con le altre famiglie o tribù e metterla insieme.

Forse allora per me, il piccolo ingiusto, come il razzista, vive dentro di noi e possiamo solo identificarli e stare attenti: i cambi, le rivoluzioni, sono migliori quando si possono respirare, vedere e studiare a fondo. Per me il problema è stato quando la gente ha guardato i monti e le terre che avevano intorno ha detto che si potevano fare mine dentro, con questo ci arricchiremo. Sfruttare e togliere dalla terra le sue risorse e creare un sistema industriale basato su questo, questa é la causa se la guerra è l'effetto. Forse il problema inizia sempre quando vediamo il mondo come qualcosa da sfruttare a nostro favore, e non come un bene comune intrinseco che bisogna aiutare a essere fertile e vivo, a cui forse apparteniamo, ma che non ci appartiene.

Comunque, ogni razzismo e ogni ingiustizia deve essere evidenziata in modo da essere capita e in modo da farci avanzare. Ho pianto due volte vedendo lo spettacolo: la prima volta durante scena in cui il bisnonno pre-italiano raccontava com'era prima dell'unità e si cominciò a vedere l'estrema violenza e brutalità con cui era stato sottomesso il sud. Cose che avevo solamente sospettato che fossero successe finora, e che so che si stanno ripetendo oggi stesso a Cizre, Nusaybin e in tutta la zona Kurda della Turchia, con la versione turca della piemontesizzazione, la Turkizzazione ancora viva. Quante altre volte succederà? Terroni mostra quello che vedo arrivare oggi stesso su twitter, donne violentate e uccise a cui poi sono sottratti i vestiti. Forse non possiamo fermare quello che é successo 150 anni fa ma siamo ancora in tempo per la gente Curda e di altre regioni del mondo che soffrono ancora queste violenze statali perché i regionalismi ancora non sono stati dominati del tutto.



L'altra volta che ho pianto un po è stato quando mi sono ricordato una delle piccole distrazioni che mi venivano in mente quando cercavo di studiare. Non mi interessava per niente, ma non sapevo ancora perché e mi sembrava solo sbagliato e grigio. Il sogno era che volevo scappare dalla classe e fare il protettore ecologico, come un Batman, notturno ma color verde. Non sapevo neanche da dove cominciare ma volevo proteggere la terra dalle fabbriche, dalle case nuove che si costruivano su e giù per il Carso, dalla gente che progettava coprire il mondo di cemento. Dopo ogni avventura sarei andato alla dolina a riempirmi di energie magiche ancora. Amavo quelle terre e i suoi alberi e piante.

Dopo le medie sarei andato a studiare all'istituto agrario. Cerco ancora nel mio lavoro, di proteggere le varie ecologie e le attività più simbiotiche che sfruttatrici nei loro riguardi, ma ne ho guadagnate di terre di cui sono responsabile. Voglio proteggere e aiutare anche tanti quartieri in cui ho vissuto in Inghilterra e Spagna e di cui sento connessione attraverso il passato, come l'altipiano andino, e la responsabilità di connettere ancora. Forse la vera identità è un insieme di tutte queste regioni, che in me possono convivere felici.

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